L’Italia ha recepito una direttiva europea che impone l’attenzione sui fattori psicosociali e gli interventi psicologici in caso di trauma dopo infortunio negli ospedali. Sarà una svolta o il solito adempimento burocratico?
Senza alcun clamore il 25 marzo è entrato in vigore un Decreto Legislativo (n°19 del 19/2/2014) che obbliga le aziende ospedaliere e sanitarie a volgere l’attenzione verso i fattori psicosociali. Il Decreto vuole tutelare tutte le lavoratrici e i lavoratori “che operano, nei luoghi di lavoro interessati da attività sanitarie, alle dipendenze di un datore di lavoro”.
In pratica, il Decreto obbliga a fare prevenzione per le ferite da taglio o da punta (infezioni comprese) nel settore ospedaliero e sanitario fornendo delle indicazioni precise e appropriate. Il Decreto identifica la gestione di questi rischi non solo per mezzo di semplici interventi (come ad es. “l’installazione di contenitori debitamente segnalati e tecnicamente sicuri per la manipolazione e lo smaltimento di dispositivi medici taglienti”), ma anche con interventi complessi ed efficaci che fanno riferimento ai fattori psicosociali.
Infatti, l’obbligo delle misure generali di tutela è di “adottare misure idonee ad eliminare o contenere al massimo il rischio di ferite ed infezioni sul lavoro attraverso l’elaborazione di una politica globale di prevenzione che tenga conto delle tecnologie più avanzate, dell’organizzazione e delle condizioni di lavoro, dei fattori psicosociali legati all’esercizio della professione e dell’influenza esercitata sui lavoratori dall’ambiente di lavoro”.
Così, nella valutazione del rischio, il datore di lavoro deve individuare le misure tecniche, organizzative e procedurali riguardanti “… i fattori psicosociali legati al lavoro e l’influenza dei fattori connessi con l’ambiente di lavoro, per eliminare o ridurre i rischi professionali valutati”.
Letto così il Decreto è “clamoroso”, ma perché non ha destato alcun interesse? La risposta è insita nel Decreto stesso.
Purtroppo, il rovescio della medaglia è che questa normativa non è un “atto voluto” dai nostri rappresentanti politici o sindacali, ma è un “atto dovuto” in quanto il Decreto è un’attuazione di una direttiva europea (2010/32/UE) che concretizza un accordo europeo tra i sindacati e le aziende ospedaliere.
Mancando così la consapevolezza dei risultati delle ricerche scientifiche nei nostri rappresentanti politici e sociali, come per la valutazione stress lavoro-correlato, il rischio che gli interventi raccomandati nel Decreto si riducano ad un mero obbligo amministrativo è molto elevato. L’Europa, invece, non si è persa in chiacchere e discussioni sull’esistenza e l’utilità della psicologia, ma semplicemente, facendo sue le evidenze scientifiche degli ultimi trent’anni, ha individuato come è intervenire per limitare degli infortuni e quindi i costi ad essi associati.
Infatti è noto che le cause degli infortuni, delle assenze per malattie e dei disagi delle lavoratrici e dei lavoratori sono attribuibili anche ai fattori psicosociali sul lavoro (si veda ad es. Michael et al. 2009 o Danna & Griffin, 1999). Altre ricerche hanno evidenziato l’importanza di un intervento psicologico a seguito di un infortunio al fine di far riprendere la produttività del lavoratore infortunato il più rapidamente possibile.
Speriamo che questi continui “recepimenti” di direttive europee aiutino a modificare l’approccio alla salute e sicurezza nel nostro paese, arrivando così ad un approccio realmente ergonomico e psicosociale, approcci utili e realmente efficaci per tutelare la salute e la sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori.